Racconti di Roma
L'amputazione della mano
Costanza de Cupis, avvenente donna vissuta nel Seicento, era famosa in città per la perfezione delle mani, della cui bellezza andava tanto fiera al punto da farsene fare un calco, che venne esposto nella bottega del formatore. La gente cominciò ad arrivare da lontano per ammirare lo spettacolo. Tra i visitatoti c'era anche un canonico che osservando la mano sinistra, affermò: "Se questa bella mano è di persona viva corre il rischio di essere tagliata". Da quel momento Costanza si sentì perseguitata da quelle parole. Un giorno, mentre ricamava, si punsè in profondità con l'ago tanto da infettarsi. Fu necessario amputare la mano. In breve la donna ne morì. La leggenda vuole che, nelle notti di plenilunio, si veda il riflesso della mano bianca alla finestra del Palazzo de Cupis, a piazza Navona.
Il banchetto di Agostino Chigi
Il ricchissimo banchiere senese Agostino Chigi organizzò nella villa fastosi ricevimenti e banchetti durante i quali faceva gettare nel Tevere i piatti d'argento che poi i servi recuperavano dalle reti predisposte nelle acque del fiume. Uno splendido banchetto fu organizzato al papa Leone X in ambienti con pareti ricoperte di arazzi e con il pavimento nascosto da pregiati tappeti. Il papa rimproverò l'ospite per l'eccessivo sfarzo, ma quello rispose che la sua devota amicizia verso il pontefice era invece dimostrata dalla modestia del luogo e sollevò arazzi e tappeti mettendo a nudo le sue stalle.
L'incendio di San Paolo fuori le Mura
Un incendio il 15 luglio 1823 distrusse in sole cinque ore i tesori di quindici secoli. Si sviluppò per colpa di uno stagnaio che, dopo aver riparato le grondaie del tetto della navata maggiore, dimenticò di spegnere il fuoco di cui si era servito. Le fiamme si propagarono e un buttero, tale Giuseppe Perna, che passava con il suo bestiame, dette l'allarme. Dall'incendio si salvò il chiostro.
I numeri di fra' Pacifico
Durante l'Ottocento, la Chiesa di Santa Maria della Concezione, o dei Cappuccini, era famosa per fra' Pacifico, un converso dal magico potere di rivelare i numeri vincenti al lotto. Un flusso costante di inveterati giocatori riempiva costantemente la chiesa, fino a quando papa Gregorio XVI fu costretto ad intervenire, proibendogli di esercitare i suoi poteri e mandandolo via da Roma. Accompagnato da una folla di ammiratori fino a piazza del Popolo, qui con abile gioco di parole, il frate riuscì a dar loro altri cinque numeri vincenti. La frase fu: "Roma se santa sei/ perché crudel se' tanta?/ Se dici che se santa/ certo bugiarda sei". La cinquina giocata fu: 66-70-16-60-6.
L'angelo solitario della chiesa
C'è un curioso dettaglio che riguarda la facciata della chiesa: l'angelo sulla sinistra che funge da tradizionale motivo di raccordo tra livello inferiore e superiore, terminato nel 1689, non ha un angelo corrispondente dall'altra parte, come le leggi della simmetria insegnano. L'assenza è dovuta al fatto che papa Alessandro VII Chigi, criticato il primo angelo, aveva offeso lo scultore, Ercole Ferrata, così tanto che questi rifiutò di proseguire il lavoro.
L'ambizioso progetto dei Farnese
Verso la fine del Cinquecento la famiglia Farnese acquistò la splendida villa del banchiere senese Agostino Chigi su via della Lungara e progettò di collegare questa nuova proprietà con il suo palazzo (palazzo Farnese) posto sull'altra riva del Tevere costruendo un ponte. L'unico segno che ne rimane è il grande arco che passa sopra via Giulia.
La galleria prospettica di Borromini A Palazzo Spada, Francesco Borromini, tra il 1652 e il 1655, realizzò una delle opere più curiose: la galleria prospettica (visibile dal cortile). Ad un primo sguardo la galleria sembra spaziosa, lunga, con sullo sfondo una grande statua. In realtà essa misura solo 9 metri in lunghezza. L'effetto prospettico si ottiene con un semplice ma arguto pavimento che sale e un soffitto che scende. Non solo: le colonne interne diventano progressivamente più piccole e la statua in fondo è piccolissima.
La Compagnia della buona morte
Nel 1535 venne fondata la Compagnia della buona morte che si dedicava alla raccolta dei defunti non seppelliti. Per tre secoli i suoi membri hanno collezionato corpi abbandonati a Roma e nei dintorni e dato loro una degna sepoltura nel cimitero sotto la chiesa in via Giulia. Il cimitero contava otto mila corpi. Fu distrutto nell'Ottocento per la costruzione degli argini del Tevere, ma una sola stanza si è salvata dalla distruzione. E' una stanza decorata con ossa umane.
Fondazione dell'Accademia dell'Arcadia
Il 15 ottobre 1690 intellettuali, che frequentavano il salotto della regina Cristina di Svezia, fondarono l'Accademia dell'Arcadia nel convento accanto alla chiesa di Pietro in Montorio. Le loro intenzioni erano quelle di "restaurare" la poesia italiana dalle barbare contaminazioni del gusto secentesco. E nel 1724 gli Arcadi comprarono alcuni ettari sul Gianicolo grazie al contributo del re Giovanni V del Portogallo, dando vita al Bosco Parrasio, che rievoca con il nome il luogo sacro ad Apollo. Ancora oggi agli arcadi è consentito di riunirsi qui una volta l'anno, a giugno, in una festa dell'accademia.
Inaugurazione della piazza-caffetteria
Nel Settecento piazza Colonna fu trasformata in una immensa caffetteria. In base ad una legge locale, il caffè poteva essere tostato solo in questa piazza e così dozzine di forni vennero attivati intorno al basamento della colonna Antonina e rimanevano attivi tutto il giorno, sfornando il miglior caffè mai assaggiato prima (si sa, tra l'altro, che il caffè venne importato in Europa dagli arabi alla fine del Cinquecento divenendo subito molto popolare). La piazza continuò ad essere utilizzata in questo curioso modo fino al 1875.
Il fortunato acquisto del cardinal Fesch
All'inizio dell'Ottocento via dell'Orso era diventata la strada degli antiquari. Una delle persone cui piaceva curiosare nei negozi era il cardinal Fesch, zio di Napoleone, rinomato per la sua fortuna nel trovare oggetti pregevoli da collezionare. Cercando in una montagna di vecchie cose in un negozio, egli trovò una tavola di legno dipinta, identica, a suo avviso, ad un'altra che aveva comprato anni prima. La prese per pochi denari e la portò a casa. Pulitala e messa a confronto con l'altra ebbe la già intuita rivelazione: aveva comprato il San Girolamo di Leonardo da Vinci, oggi conservato nella Pinacoteca Vaticana.
Lo scandalo delle Najadi
Nel 1901 la Fontana delle Najadi venne posizionata al centro della piazza. Era decorata da quattro gruppi bronzei scolpiti da Mario Rutelli. La fontana creò, però, una serie di accese critiche per le figure femminili protagoniste dell'opera, elegantemente svestite. Le Najadi erano state modellate sulla fisionomia di due famose stars dell'operetta, ora godibili apertamente in tutto il loro fulgore. I benpensanti dell'epoca scatenarono un putiferio tale che il Comune pensò di coprirle per un certo periodo e far calmare gli animi.
La "sassata" di piazza della Pace
Nelle strette viuzze il popolino faceva vita comune e dalla stretta frequentazione derivavano amori e odi, che spesso si traducevano in rissa. Di queste, nel 1480, fece le spese una immagine esposta all'esterno della chiesetta: una sassata colpì il volto della Vergine e dal volto colò sangue. Papa Sisto IV interpretò l'evento come un monito. Accorso sul luogo del prodigio, proclamò quell'immagine "Madonna della virtù" e dispose per la ricostruzione di un tempio di adeguato rilievo. La futura chiesa di Santa Maria della Pace.
Il furto della Pimpaccia
Olimpia Maidalchini, sposa in seconde nozze del marchese Panphilio Panphili, nonché cognata e presunta amante di papa Innocenzo X Panphili, si comportò sempre da arrampicatrice sociale, arraffando denaro ovunque. Persino in punto di morte del suo "amato" pontefice non limitò le sue brame: la notte del 7 gennaio 1655, da sotto il letto del moribondo papa, la donna trafugò due casse piene d'oro e, con l'aiuto di due complici, le caricò sulla sua carrozza. Poi la fuga a rotta di collo con lei stessa a cassetta fino al suo palazzo a piazza Navona, passando per ponte Sisto. Ma non ebbe, dopo il misfatto, vita fortunata: Alessandro VII Chigi la esiliò, fu processata per contumacia e condannata a restituire il maltolto. Non lo farà: morirà di peste nel 1657 e la leggenda narra che la sua anima sia costretta tutte le notti di luna piena a ripercorrere il tragitto dal Vaticano a piazza Navona, attraversando ponte Sisto.
L'arrivo dell'elefante Annone
Dai tempi dell'impero non si vedeva più un elefante a Roma. Eppure ne arrivò uno bellissimo il 12 marzo 1514 alla corte di Leone X come dono di Emanuele, re del Portogallo. In una corte pontificia stravagante come quella di papa Medici, Annone, così venne chiamato l'animale, divenne il beniamino. Era di una intelligenza straordinaria e sapeva ballare come pochi al suono dei pifferi. Annone morì nel 1517 di angina e fu sepolto in una torre presso un ingresso del Vaticano con tanto di lapide incisa da Raffaello (distrutta). Ma l'immagine di Annone fu immortalata nella fontana del giardino di Villa Madama e in quello dei mostri a Bomarzo.
La fuga di Gelasio II
La basilica è legata ad un fatto di cronaca avvenuto nel 1118, nel vivo delle lotte baronali tra le famiglie Frangipane e Pierleoni. Era stato eletto papa con l'appoggio dei Pierleoni Giovanni Caetani con il nome di Gelasio II, ma i Frangipane gli opposero, come antipapa, Gregorio VIII. Si arrivò ad uno scontro: il 21 luglio i Frangipane irruppero armati in Santa Prassede, mentre il papa stava celebrando una messa, ma non riuscirono ad avvicinarsi a lui, che con ancora indosso i paramenti riuscì a fuggire, scappando da Roma,verso la Francia. La morte lo colse il 28 gennaio 1119 a Cluny, dove è sepolto.